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Sassari, Cerimonia del 25 Aprile
Silenziosa, composta, forte, significativa.

La cerimonia per il 75esimo anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo che si è tenuta stamattina nel cortile di Palazzo Ducale è stata molto diversa da quella che l'Amministrazione comunale aveva iniziato a organizzare mesi fa, prima che l'emergenza sanitaria si manifestasse in tutta sua gravità.

E tuttavia è stata ugualmente molto sentita e coinvolgente.

Alle 9.30 in punto il sindaco Gian Vittorio Campus, in un silenzio surreale, ha deposto la corona di alloro in ricordo di tutte le vittime della Guerra e del coronavirus, a nome di tutta la municipalità e delle istituzioni, davanti al presidente del Consiglio comunale Maurilio Murru e dei capi gruppo che hanno partecipato in rappresentanza di tutte le cittadine e i cittadini che ogni anno riempiono il piazzale: Manuel Alivesi, Mariolino Andria, Mariano Brianda, Francesco Ginesu, Giuseppe Masala, Giuseppe Palopoli, Lello Panu e Laura Useri.

Niente Inno nazionale, niente canzoni per l'impossibilità di far partecipare musicisti.

Il sindaco Campus, che al termine della cerimonia ci ha tenuto a ringraziare i capigruppo per la partecipazione, ha spiegato loro che ha scelto di non fare nessun discorso in quella occasione, ma di lasciare che a parlare fosse il silenzio composto.

L'intervento del primo cittadino è a disposizione e può essere letto sul sito del Comune. Intorno ai partecipanti, le bandiere tricolore sventolavano dalle finestre, così come all'esterno del Palazzo, per rappresentare la festa di tutta la Nazione, di tutte e tutti coloro che oggi vivono nel pieno dei loro diritti e delle loro libertà, in Italia.

È stata dunque una celebrazione in forma ristretta, legata alle direttive diffuse il 23 aprile dal ministero dell'Interno, ma ugualmente importante, sentita e dal grande valore.

Discorso del sindaco Gian Vittorio Campus per la Festa della Liberazione


Questa 75esima celebrazione della Festa della Liberazione che si svolge in maniera così inusuale, quasi rarefatta, per rispettare gli obblighi di tutela della salute, rappresenta un'ulteriore occasione di elaborazione collettiva e di crescita come comunità, sia locale che nazionale.

E se noi tutti riuscissimo a riconoscere il 25 aprile come l'alba della nuova Italia - quella Italia che oggi noi tutti insieme viviamo - non potrà che essere sentita come una Festa di tutte e tutti.

Non può non essere Festa il ricordare la fine di una guerra tragica combattuta dalla parte sbagliata.

Non può non essere Festa ricordare la fine di una occupazione armata e violenta da parte di un esercito nemico.

Non può non essere Festa ricordare la fine di una drammatica guerra civile.

Non può non essere festa ricordare la fine di una politica trasformata in regime e dittatura. Non può non essere Festa celebrare la nascita di una nuova coscienza di libertà, di autodeterminazione, di democrazia.

Una conquista di popolo, una conquista di civiltà che ha portato alla nascita della nostra Repubblica.

Non possiamo non riconoscere il valore collettivo di una Liberazione che, uscendo da un tragico conflitto, ci ha avviato a un confronto tra parti da cui sono nati la nostra Costituzione e il nostro Parlamento, i pilastri della Democrazia.

Quindi il 25 aprile come alba della nuova Italia, alba della nostra Repubblica e della nostra Democrazia, non può che essere Festa di tutte e tutti, e noi qui oggi abbiamo l'onore e l'onere di rappresentare tutta la nostra Comunità cittadina, indistintamente, e io spero, davvero, al di sopra delle parti.

La comune drammatica esperienza che stiamo vivendo ci ha fatto maturare un senso di comunità e solidarietà che forse prima stavamo perdendo.
I tempi allora possono essere maturi perché si possa uscire dal confronto di parte, tra vincitori e vinti, per sentirsi tutti indistintamente vincitori di Libertà e di Democrazia perché questa è l'eredità che la fine della guerra di Liberazione ci ha lasciato, libertà e democrazia per tutti.

E se libertà e democrazia sono valori che davamo per scontati, certamente dovuti, ma non per questo meno necessari di tutela e di rispetto, così noi davamo per scontato di essere protetti da epidemie devastanti, da morti e sofferenze, fino a qualche mese fa molto, troppo lontane da noi, dalle nostre cure, dalle nostre paure.

Ora purtroppo abbiamo toccato con mano quanto ogni nostra conquista, ogni dono che i nostri padri e i nostri nonni ci hanno lasciato, vada coltivato, tutelato, difeso, rinvigorito. Se mi è consentito, ho deciso di citare le parole del Presidente Giorgio Napolitano, pronunciate in occasione delle celebrazioni del 25 aprile del 2013, diventate drammaticamente così attuali rispetto a quella tragedia collettiva che in questi mesi stiamo vivendo.

Sono le parole con le quali il Presidente richiamava gli Italiani alla necessità di affrontare la crisi con lo stesso coraggio, fermezza e senso dell'unità che furono decisivi per vincere la battaglia della Resistenza.

Questa tragedia mondiale ha insegnato a noi, alla nostra generazione e a quelle successive che non hanno conosciuto la guerra, che cosa significa condividere un unico destino e se questo sarà il prezzo pagato da tutti i nostri morti, da tutte queste sofferenze e privazioni, abbiamo l'obbligo di difendere e coltivare questa rinata coscienza di popolo.


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