Due chiacchiere con la dott.ssa Noemi Sanna, psichiatra e docente Universitaria.

13-05-2020 11:56 -

Cercavo da tempo un professionista psichiatra da intervistare, ho scelto la Dott.ssa Noemi Sanna per vari motivi, perché oltre alla sua lunghissima esperienza professionale nel campo della psichiatria ha una visione a 360 gradi nel campo sociale e politico, una donna che non si è rinchiusa nel mondo specialistico e accademico ma che ha utilizzato le sue competenze in vari campi.

La dott.ssa Sanna è Dirigente medico AOU Sassari. Ha svolto attività di assistenza, ricerca ed insegnamento universitario presso la Facoltà̀ di Medicina e Chirurgia, Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Neuroscienze e Materno Infantile dell’Università di Sassari.
Per approfondire i suoi studi in criminologia ha lavorato in un carcere di massima sicurezza di Montreal per 3 anni.
E‘ consulente medico legale e psichiatra forense presso i Tribunali di Sassari, Tempio, Nuoro.

Ha al suo attivo più di 150 pubblicazioni di carattere scientifico tra le quali vi consiglio:
Dieci motivi per cui le donne accettano di essere dominate dagli uomini : la differente distribuzione del potere tra uomo e donna, In tema di schizofrenia ed omicidio: osservazioni vittimologiche, Analisi delle indagini psichiatriche sugli imputati di omicidio : contributo casistico, Sul verbalizzato del delitto da parte dello schizofrenico omicida: contributo casistico.
Ha al suo attivo una grande esperienza politica è stata infatti per 10 anni consigliere Regionale della Regione Sardegna.
La ringrazio per aver risposto alle mie domande, buona lettura.

D. Dott.ssa Sanna come possiamo affrontare questo momento di reclusione forzata?
R. Mi lasci fare una premessa. Questo confinamento è stato dettato da indiscutibili necessità di salute pubblica per proteggere la popolazione da una malattia sconosciuta e letale. Tuttavia, ha comportato un cambiamento radicale del nostro stile di vita e rischia, se persiste, di dare luogo a disturbi della sfera psichica di una certa entità. I bambini, per esempio, sono stati allontanati dalla scuola, privati della loro vita sociale, della attitudine all’apprendimento e delle attività ludiche: tutti fattori indispensabili per una crescita armoniosa verso la vita adulta di cui sono stati improvvisamente privati. Inoltre, il trascorrere monotono del tempo all’interno di spazi abitativi, spesso ristretti, e la perdita degli spazi individuali non solo fisici, può trasformare la coabitazione obbligata in una penosa convivenza carica di tensioni. Disturbi del sonno, abulia, svogliatezza, turbe alimentari, irritabilità e aumento dell’aggressività sono sintomi presenti già ora. Numerosi studi scientifici, inoltre, riconoscono nel confinamento prolungato un fattore di stress di elevata entità e come tale responsabile della possibile insorgenza di futuri disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi del comportamento alimentare, disturbi da dipendenza da sostanze. Non è da sottovalutare il fatto che in alcuni nuclei familiari il confinamento coatto può facilitare l’insorgenza di violenza domestica con conseguenze drammatiche su tutti i membri della famiglia. Un discorso a parte meriterebbe, poi, il disagio sociale, e quindi di ordine sociosanitario, che dovranno affrontare tutti quelli che, a causa della recessione da Covid, perderanno il lavoro.
Ma veniamo alla sua domanda. Se ci pensiamo, quello che non ci manca in questa situazione di confinamento obbligato è sicuramente il tempo, per cui dovremmo imparare a valorizzarlo, come mai prima e provare a fare tutte le cose cui abbiamo rinunciato fino ad ora. Per esempio, leggere quel libro che ci eravamo sempre riproposti di leggere, imparare una nuova lingua, sperimentarsi in ricette di cucina elaborate e sempre rimandate ad un altro giorno, senza trascurare, per quanto possibile, di fare attività fisica. Ma soprattutto dovremmo provare a ritrovare il dialogo con i familiari. Per esempio, raccontare ai figli episodi della vita passata, aneddoti di quando erano più piccoli, di quando noi genitori frequentavamo la scuola, quali erano i nostri sogni e i nostri progetti. Sfogliare l’album delle fotografie per mostrare loro come eravamo noi alla loro età, come erano i nonni. Questa escursione in un passato comune offre ai giovani un forte sentimento di appartenenza e la consapevolezza di avere punti di riferimento solidi a cui potersi richiamare in momenti di difficoltà. Tanti piccoli accorgimenti che stimolano sentimenti reciproci di empatia, di vicinanza e consolidano i rapporti familiari. Possiamo trasformare questa reclusione forzata in una opportunità di riaccostarci alla dimensione più intima di noi stessi e ritrovare i sentimenti e le speranze che ci sostengono. Riconciliarsi con una vita più autentica, oggi troppo spesso al servizio di valori effimeri che ci sottraggono il senso stesso di vivere. Io non so come saremo dopo questa esperienza così unica e così globale, ma mi auguro che ne verremo fuori più resilienti e consapevoli.


D. In base alla sua esperienza quale è la patologia psichiatrica più comune divisa per genere?
R. In effetti alcune patologie sono più presenti nel mondo femminile che in quello maschile. La depressione, i disturbi d’ansia, i disturbi del comportamento alimentare sono più frequenti tra le donne. I disturbi dello spettro autistico e i disturbi da uso di sostanze tra gli uomini. C’è da dire che questa differenza si manifesta anche con il variare dell’età. Negli uomini i disturbi psichiatrici sono più frequenti in età giovanile, nelle donne in età più adulta. Nella donna esiste, inoltre, una ciclicità ormonale, del tutto fisiologica, ma che può avere una incidenza più o meno accentuata sulla sfera psichica. Non è da trascurare il fatto che le donne si rivolgono più facilmente allo psichiatra di quanto non lo facciano gli uomini, i dati potrebbero essere, quindi, falsati per la presenza di un certo numero oscuro di casi relativi a disturbi psichiatrici nella popolazione maschile.


D. Alcuni psichiatri, Psicologi e neuropsichiatri negano l’esistenza della manipolazione psicologica, come è possibile?
R. Me lo chiedo anche io come sia possibile negare una realtà tanto evidente. Le relazioni umane sono tutte basate su forme di manipolazione psicologica, la maggior parte legittime, naturalmente. La pubblicità, la politica e la sua propaganda, gli stessi mezzi di comunicazione di massa, utilizzano a mano bassa tecniche manipolative per attrarre l’attenzione dell’utente e fidelizzarlo. Anche il modo di disporre i prodotti nei banchi del supermercato risponde a regole di suggestione inconsce note ai commercianti che sanno bene come orientare i clienti verso l’acquisto di questo o quel prodotto a prescindere da qualità o prezzo.
L’amore, poi, è una continua messa in scena di reciproche manipolazioni. Quando si ama, soprattutto all’inizio della relazione, tutta l’energia psichica è rivolta al bisogno di sedurre l’altro, di allontanarlo dal resto del mondo e racchiuderlo all’interno di uno spazio emotivo esclusivo. La seduzione è un esercizio raffinato di manipolazione teso a rendere l’altro prigioniero della propria volontà al servizio del proprio desiderio. Naturalmente nulla di grave se vi è consapevolezza e reciprocità, anzi, la relazione si avvantaggia di maggiore creatività e complicità. Altra cosa è quando la manipolazione diventa il bisogno unilaterale di esercitare il controllo ossessivo sull’altro, sequestrandolo dalla sua dimensione umana e trasformandolo in un oggetto che esiste solo per soddisfare i propri desideri e il proprio narcisismo. Questa nullificazione dell’altro può arrivare a forme di totale asservimento in cui la volontà è completamente annullata. Molte forme di abuso psicologico intra familiare sono costruite proprio su tecniche di manipolazione psichica estrema, difficili da riconoscere anche da parte degli stessi protagonisti perché si insinuano subdolamente nella relazione: trasformandola e creando un legame quasi indissolubile tra il manipolatore e la sua vittima, un legame di cui nessuno dei due alla fine sembra poter fare a meno. La manipolazione psichica è un vero e proprio “lavaggio del cervello” esattamente come quello che subiscono i malcapitati che finiscono intrappolati nelle dinamiche delle sette.


D. L’alienazione genitoriale deve essere punita come abuso psicologico?
R. L’alienazione genitoriale è anch’essa una forma di manipolazione mentale, molto crudele, che un genitore esercita sui figli per trasformarli in una vera e propria arma da usare contro l’alto genitore. Il fenomeno viene alla luce, in genere, in occasione di contenziosi legali di separazione coniugale, ma le dinamiche che lo sottendono sono intricate nei complessi meccanismi del contesto sistemico-relazionale proprio di ogni nucleo familiare e sono preesistenti.
Il genitore “alienante” adotta tutta la gamma delle tecniche di manipolazione, dalla lusinga alla vessazione, per programmare il figlio contro l’altro genitore. Il risultato è l’induzione di profondi sentimenti di odio e diffidenza nei confronti del genitore alienato e una assoluta dipendenza psicologica dal genitore alienante. In pratica si tratta di una grave violazione praticata da uno dei genitori, del diritto del figlio a mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con l’altro genitore. Viene violato il diritto del figlio alla bigenitorialità. Ma la cosa più grave, che comporta danni talvolta irrimediabili, è l’effetto di devastazione che l’alienazione genitoriale può avere sulla psiche dei figli. Sono indotti a vivere sentimenti di odio e diffidenza nei confronti di un genitore, pur percependone l’inautenticità e l’estraneità, ma non trovano la forza di difendersene. Sono costretti ad assecondare una realtà, quella costruita dal genitore alienante, che sentono non essere la loro realtà, ma sono forzati a sostenerla. Si tratta di condizioni che comportano nel bambino un grave fattore di rischio evolutivo con ostacoli allo sviluppo psico affettivo armonioso ed equilibrato. Alcune ricerche hanno messo in luce l’esistenza di un concreto rischio di sviluppare, in età adulta, disturbi anche gravi dell’umore, abuso di droga e alcol, problemi nelle relazioni affettive, disturbi di personalità, come il disturbo borderline basato su meccanismi di identificazione proiettiva, ed il disturbo narcisistico di personalità.
Sono contemplate anche conseguenze giuridiche nei confronti di un genitore alienante. Sotto il profilo penale querele ex art. 388 2° comma c.p. e anche ex art. 572 c.p. e relative condanne. Dal punto di vista civile si può richiedere ed ottenere un ammonimento del genitore alienante che viola le modalità di affidamento condiviso, sanzioni, risarcimento del danno ed inversione del collocamento per giungere fino all’affidamento esclusivo.
Tuttavia, la sindrome da Alienazione Parentale necessita certamente di un migliore inquadramento giuridico, soprattutto in materia di danno risarcibile per una tutela più efficace del minore danneggiato. Inoltre, occorrerebbero più strumenti sia finanziari che di competenza degli operatori, ad oggi purtroppo scarsi e comunque non proporzionati alla entità e gravità che questo fenomeno rappresenta, sia in ambito sociale che medico.


D. Dott.ssa lei ha una lunga esperienza politica, quando è nata questa passione?
R. Io penso che l’uomo (e la donna, ovviamente) siano naturalmente volti alla politica perché, come diceva Aristotele, sono in grado di costruire una società, senza che questa esigenza sia una esigenza primaria. In un certo senso anche il mio mestiere di medico mi spinge a vedere ed affrontare la vita sotto un punto di vista politico. Come medico, inevitabilmente, sei vicino alla sofferenza umana e il tuo compito è, nei limiti delle tue possibilità, di alleviare quella sofferenza. In fondo credo sia questo il compito della politica: ascoltare i problemi della gente e individuare soluzioni plausibili per risolvere o attenuare quei problemi. Ed è proprio questa dimensione “altruistica” che fa della politica un’arte nobile. Sta, poi, alla capacità di chi la interpreta di farne un buon uso o un cattivo uso.


D. Oggi esiste una destra vera?
R. Io mi sono avvicinata alla politica attiva abbracciando alcuni principi, per me ancora validi, che venivano incarnati da un movimento che potremmo definire di destra. Ovvero una filosofia politica liberale, ma non schiava di quegli eccessi di liberismo economico che spesso la destra ha trasformato in ideologia. Una filosofia politica che riconosca il giusto valore dello stato nella gestione della sicurezza, della difesa, della giustizia, ma che non sia intrusivo e resti al di fuori della casa dei suoi cittadini. Una politica che sia di difesa dei nostri valori patriotici e che non continui a cedere spazi di sovranità ad altri enti sovranazionali come è stato fatto negli ultimi tempi dalla politica della sinistra.
Negli ultimi anni è esistito un agglomerato di centro destra che, per un po’, ha effettivamente corrisposto a questi ideali, ma poi, per errori, che non ho alcun pudore a definire di presunzione, commessi dagli uomini che ne erano i leader, tutto, alla fine, si è disfatto. Quello che oggi si chiama destra coincide in gran parte con una compagine politica, la Lega, che non ha mai rinunciato, se non a parole, alle sue ambizioni secessioniste che non corrispondono affatto alla mia idea di destra politica. Una destra populista, demagogica, senza programmi concreti o attuabili con tendenze autoritarie poco rassicuranti, ben lungi dalla dimensione umanistica che per me è imprescindibile dall’idea stessa di destra politica.


D. Lei continua a fare politica?
R. Come dicevo la politica fa parte della mia vita e ritengo molto valido quel detto che afferma: “Seppure tu non vuoi occuparti di politica, la politica prima o poi si occuperà di te”. Proprio per questo con un gruppo di amici abbiamo costituito un movimento politico culturale esteso a tutta la Sardegna e non solo, che abbiamo chiamato: “I Patrioti”. Un gruppo composto di donne e uomini che si sentono uniti da un grande senso di appartenenza. Sosteniamo l’idea di una Sardegna e una Italia destinate a ritrovare, nel contesto internazionale ed europeo, il ruolo centrale che compete loro ripartendo dalla cultura, dalle potenzialità e dai talenti di ciascuno. Vogliamo ritrovare la fierezza di fare parte di una comunità orgogliosa della propria sovranità in un contesto europeo di Popoli Sovrani. Una Europa dai valori umanistici, più vicina ai bisogni degli uomini e delle donne che la abitano, che tragga ispirazione dalle sue radici e dal bisogno di promuovere le libertà civili nel rispetto dei diritti umani, che non è solo un imperativo etico e morale, ma anche strumento indispensabile per prevenire conflitti, costruire società inclusive e promuovere in modo sostenibile la pace, la sicurezza e lo sviluppo. Riconosciamo il primato della politica come momento di sintesi ideale e come luogo di rappresentanza reale di bisogni diversi e diffusi. Una politica che rifugga le inutili conflittualità personalistiche e di parte e che riassuma i valori di una reale partecipazione di ciascuno alla costruzione di una società più equa.
Personalmente auspico che con i patrioti si possa formare una classe dirigente rinnovata che sappia essere artefice del suo destino e possa avere gli strumenti per modellare un futuro migliore per sé e per la sua patria.




Fonte: Mariangela Campus