Un purissimo dell’atletica: intervista a Genny Di Napoli

15-01-2021 22:02 -

«Le armi sono al servizio del furore» scriveva il poeta latino Publio Virgilio Marone e le armi di un mezzofondista del calibro di Genny di Napoli sono sempre state due gambe longilinee, resistenti ma al contempo veloci capaci di vincere e far comprendere che il talento, quello puro, schietto ed imponente, può davvero fare la differenza. Classe 1968, tra i suoi personali presenta prestazioni di assoluto rilievo quali 1'45”85 negli 800, 3'32”78 sui 1500, 7'41”05 sui 3000. Tempo che proprio sui 1500 vale ancora la migliore prestazione italiana di sempre per colui che è riuscito a conquistare, tra le tante vittorie prestigiose della sua carriera, due titoli mondiali indoor nel 1993 e 1995, oltre che un campionato europeo a squadre di corsa campestre nel 1998.

«L'atletica italiana non sta benissimo – polemizza -, anzi direi che non sta per niente bene. Il mezzofondo nello specifico non naviga in acque particolarmente serene. La FIDAL ha pensato esclusivamente a fare campagna elettorale piuttosto che al fabbisogno degli atleti e questo è molto grave». Non ha peli sulla lingua Di Napoli, che dichiara apertamente di non seguire l'atletica leggera, preferendo di gran lunga attività sportive quali il padel, il golf e il tennis. «Mi sono ritirato nel 2001 – aggiunge – e non sono mai stato invitato né ai campionati italiani, né al Golden Gala. La federazione si è presto dimenticata di ciò che ho fatto per lei durante gli anni di agonismo e sacrificio». Anni durante cui il mezzofondista nato a Napoli ma cresciuto a Milano non si è certo risparmiato. «Gareggiavo troppo – afferma -, da Gennaio a Gennaio, outdoor e indoor che rispetto alle outdoor – la mia dimensione prediletta – non ho mai preparato nello specifico, e questo non ha certo giovato perché partecipare a tante competizioni mi ha portato via tante energie. Ho avuto sette microfratture ai piedi che non sono propriamente una manna dal cielo. Bisogna allenarsi bene, prediligere la qualità alla quantità. Il bi-giornaliero serve a poco, ciò che conta è fare delle sedute che consentano a un atleta di recuperare, in modo tale da poter trarre il massimo profitto dagli sforzi a cui si sottopone».

Tra le tante distanze corse, quella preferita resta senza dubbio i 1500. «A mani basse – aggiunge. Valevo 3'28” ma purtroppo la fortuna non è stata dalla mia parte. Fortuna che è mancata anche a quello che considero il mio pupillo ovvero Giordano Benedetti, un grandissimo talento che avrebbe potuto raccogliere molto di più ma che a causa di fastidi vari ai tendini d'Achille ha subito un rallentamento nella sua carriera». Le considerazioni di Genny Di Napoli riguardo il futuro dell'atletica italiana sono tutto fuorché positive e non nasconde la sua amarezza a riguardo l'ex mezzofondista azzurro. «I ragazzi di oggi non vogliono crescere – conclude -, si accontentano e in uno sport di fatica come l'atletica questo non porta a nulla. L'atletica è sofferenza, continua ricerca sportiva e personale: per rendere bene nella corsa bisogna prima fallire nella vita».



Fonte: Mattia Lasio