(Adnkronos) – Il mieloma multiplo sfugge al sistema immunitario grazie alla perdita del gene Gabarap, un ‘trucco’ che permette alle cellule malate di nascondersi, di diventare invisibili alle difese naturali dell’organismo. A scoprire il segreto del secondo tumore del sangue più frequente in Italia, aprendo a nuovi mix terapeutici che potrebbero combatterlo in modo più efficace vincendo la resistenza della neoplasia ai trattamenti farmacologici, è uno studio dei ricercatori dell’Irccs di Candiolo (Torino), pubblicato su ‘Blood’. Il mieloma multiplo, causato da un’eccessiva riproduzione delle plasmacellule nel midollo osseo, ogni anno nel nostro Paese colpisce circa 2.700 donne e 3mila uomini. Dopo il primo trattamento la maggior parte dei pazienti sviluppa una recidiva. E con il progredire della malattia, il susseguirsi delle ricadute e dei tentativi terapeutici, il mieloma diventa sempre più difficile da trattare. “L’attuale paradigma terapeutico per il mieloma multiplo – spiega Annamaria Gullà, responsabile del Laboratorio di Ematologia traslazionale e Immunologia dell’Irccs Candiolo – comprende una terapia di combinazione che può includere agenti immunomodulatori, inibitori del proteasoma, corticosteroidi e anticorpi monoclonali anti-Cd38. Tuttavia, numerosi pazienti recidivano e/o diventano refrattari a queste classi terapeutiche. Per questo i nostri sforzi sono concentrati sulla ricerca di nuove armi più efficaci per prolungare la risposta a lungo termine e migliorare la qualità di vita dei pazienti”.
Il team piemontese è partito dall’analisi del meccanismo d’azione del farmaco bortezomib. Si tratta di un “inibitore del proteasoma”, un insieme di “organuli cellulari in grado di rimuovere le cellule danneggiate”, illustra Gullà. Bortezomib “contrasta il mieloma multiplo sia direttamente, colpendo le cellule tumorali, sia indirettamente, attivando il sistema immunitario e provocando la cosiddetta morte cellulare immunogenica”. Il farmaco mostra tuttavia una “perdita di efficacia a lungo termine”, che “può derivare dall’insorgenza di forme nuove di resistenza alla terapia, in cui bortezomib non è più in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere il tumore”. Attraverso “una serie di analisi in modelli preclinici – descrive l’esperta – abbiamo dimostrato che le cellule tumorali morenti, colpite direttamente da questo farmaco di prima linea, esprimono sulla loro superficie una proteina nota come calreticulina, che rende il tumore visibile al sistema immunitario che può così attaccarlo. Ma la perdita del gene Gabarap compromette l’esposizione della calreticulina, riducendo in questo modo l’azione del sistema immunitario contro il cancro”. “Non a caso un basso livello di espressione di Gabarap è stato associato in modo indipendente a una sopravvivenza più breve dei pazienti con mieloma multiplo e a una ridotta infiltrazione immunitaria del tumore”, rimarcano i ricercatori di Candiolo. Gli scienziati dell’Irccs oncologico del Piemonte hanno inoltre dimostrato che “la rapamicina, un farmaco inizialmente usato nei trapianti d’organo, può ripristinare l’effetto immunogenico del bortezomib”. “Riteniamo – prosegue Gullà – che l’uso combinato di bortezomib e rapamicina potrebbe migliorare gli esiti dei pazienti con mieloma multiplo, in caso di perdita di Gabarap. Abbiamo quindi individuato un possibile candidato, un farmaco già utilizzato in clinica, appunto la rapamicina, che potrebbe aggiungersi agli attuali trattamenti in uso nei pazienti con bassi livelli di questo gene. Gabarap è localizzato sul cromosoma 17p, la cui delezione definisce pazienti di mieloma ad alto rischio. Questo meccanismo potrebbe dunque aggiungersi a quelli già noti che contribuiscono alla prognosi negativa di questi pazienti”. “I risultati di questo lavoro – commenta Salvatore Nieddu, direttore generale dell’Irccs di Candiolo – sono un’ulteriore dimostrazione del nostro impegno continuo rivolto alla ricerca di nuovi approcci per la terapia dei tumori, anche quelli più difficili da curare, come appunto il mieloma multiplo. Questo specifico tumore del sangue sembra essere in grado di difendersi dai farmaci attualmente in uso tramite diversi meccanismi di resistenza. E’ quindi necessario sviluppare un armamentario sempre più ricco di farmaci che, combinati assieme, possano ridurre o evitare che il tumore sviluppi la capacità di resistere ai trattamenti”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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