18 Maggio 2024

I GIALLI DI BUCOSCHI: MORTE DI UNA RAGAZZA QUALUNQUE

DANIELE CARDIA BARCOLLO MA NON MOLLO
scritto da Daniele Cardia il 30-06-2021 19:45
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di D. Buchoschi

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Antonio aveva circa trent’anni. Un pomeriggio di febbraio, si mise a passeggiare lungo la Via 12 APRILE 1970, una via dal nome importante, era infatti la data di quando il Cagliari di Gigi Riva vinse lo scudetto, il primo della storia e forse destinato a rimanere l’ultimo. I genitori di Antonio raccontano spesso che quel giorno (avevano la stessa età di Antonio adesso), ancora non si conoscevano tra loro. Entrambi, però, avevano degli aneddoti da raccontare: la madre diceva sempre che quel giorno, appena sentirono alla radio, il radiocronista annunciare il triplice fischio e la vittoria dei rossoblù, con la conquista del titolo di Campioni d’Italia, immediatamente si sentì al telefono con la cugina e suo fratello. Il fratello maggiore aveva una FIAT 500 L BIANCA, erano quelle decappottabili, oggi considerata sicuramente un’auto d’epoca. Racconta che mentre il cugino guidava, lei e la cugina erano in piedi, con il tettuccio aperto, sventolavano la bandiera cagliaritana, urlando a squarciagola. Il cugino guidava, marciando a passo d’uomo, suonava il clacson in maniera assordante, ma si confondeva facilmente con il rumore dei clacson delle altre auto. Il padre, invece, gli raccontava che lui e gli amici d’infanzia erano riusciti a scavalcare il muro di cinta dello stadio ed avevano così potuto vedere la partita. La maggior parte di loro non erano neanche maggiorenni. Vivere quella giornata, vedere il mitico Gigi Riva, ma anche Nené, Cera, Greatti, Tomasini, Poli, Domenghini, Gori, Mister autogol Niccolai e le straordinarie parate di Albertosi lo avevano reso come uno dei giorni più belli della sua vita. Vedere poi tutta quella gente festante e urlante erano state delle sensazioni straordinarie. Cinquant’anni dopo, il Comune di Cagliari aveva deciso di intitolare una via con la data di quello storico giorno. Ma c’è anche la storia di Luca, figlio di un amico del padre che nacque proprio quel giorno. E proprio il piccolo Luca, diventato ormai adulto e scrittore, pubblicò un libro su quell’Impresa, sulla storia dei suoi Campioni. Raccontò anche come un certo Luigi Riva dal Varesotto arrivò in Sardegna, pensando fosse l’Africa. Voleva tornare subito nella sua Lombardia. Poi invece, quel Luigi passò alla Storia come Gigi Riva, o come lo soprannominò Gianni Brera, per lui e per tutto il mondo, è semplicemente ROMBO DI TUONO. La Storia volle poi, che Gigi Riva rimanesse a Cagliari tutta la vita. Il 12 aprile 1970 rimarrà uno dei giorni più memorabili della storia della città.


Ma torniamo al nostro racconto. Antonio passeggiava in quella via vicino al mare, ma poi decise di andare a trovare la cugina che abitava nei dintorni. Arrivò nei pressi verso la quale si stava dirigendo, all’improvviso sentì delle forti urla terrorizzate di donna provenire proprio da quell’edificio. Si spaventò e corse immediatamente dentro la palazzina. Ebbe paura che quella fosse la voce urlante, proprio della cugina, si avvicinò all’abitazione impaurito e terrorizzato, gli tremavano le gambe.

Quando Antonio entrò nel palazzo, salendo le scale trovò la porta aperta dell’appartamento del primo piano. Sapeva che era la casa di una giovane studentessa, una certa Miriam Milia, che lui conosceva solamente di vista. Vide il suo corpo a terra, insanguinato con circa cinque, sei coltellate, era ancora viva e borbottava qualcosa, ma non capì esattamente cosa. Sentì dei rumori e per la paura scappò. Uscendo dal palazzo, chiamò l’avvocato di famiglia, la bella Avvocatessa Foscarini: il ragazzo le raccontò immediatamente quello che aveva visto, lei lo convinse a recarsi dalla polizia a testimoniare e gli consigliò di rivolgersi al Commissario Vianello che lei conosceva molto bene. Infatti i due, da ragazzi erano cresciuti insieme a Venezia. Antonio raccontò al commissario quello che aveva visto in quell’appartamento; subito il Commissario inviò una volante sul posto. Gli agenti trovarono il corpo della ragazza esamine, poco dopo anche Vianello si recò sul posto. Il medico legale disse che la ragazza era morta da diverse ore, ma le coltellate inflitte non erano solo sei, ma bensì cinquanta. E accanto al corpo trovarono un orologio e anche un capello, che si scoprirà poi essere di Antonio.

Vianello, tornato in commissariato, si ricordò che Antonio aveva la camicia sporca di sangue, chiamò il laboratorio e dal referto risultava che il sangue sulla camicia di Antonio coincideva perfettamente con il DNA del sangue della ragazza, così fu costretto a formulare l’accusa di omicidio per il ragazzo. Ma il Commissario Vianello, poliziotto di vecchia data e di grande esperienza, non era per nulla convinto della colpevolezza del ragazzo. Infatti, si chiedeva: < Se fosse stato lui, per quale motivo sarebbe venuto a testimoniare di sua spontanea volontà? E perché Antonio ha raccontato che la donna era ancora viva? Perché ha detto che nel corpo, ci fossero solo poche coltellate, ma quando fu ritrovata la donna, il corpo era privo di vita e presentava ben più di poche coltellate? >.

Vianello decise così di tornare personalmente a casa della ragazza, voleva ispezionare l’appartamento. Osservò ogni minimo particolare. Una cosa che lo colpì furono diverse foto in compagnia di un giovane e bel ragazzo. Prese alcune di queste foto e le mostrò ad Antonio. Quest’ultimo rifletté e si ricordò che il giovane in questione si chiamava Francesco Puddu ed era vicino di casa della vittima. Secondo la sorella di Antonio, i due giovani erano molto intimi. Quindi Vianello, si chiese: < Se i due erano davvero così intimi, per quale motivo questo ragazzo non si era in nessun modo fatto vivo, neanche per piangere la povera malcapitata?>. La cosa puzzava parecchio e decise di convocarlo in commissariato. Lo interrogò per quasi tutta la notte, ma Puddu non rivelò niente di rilevante.

Così la mattina dopo l’interrogatorio, chiese una nuova autopsia, perché voleva capire esattamente non solo la causa della morte, ma se possibilmente si potesse risalire all’ora esatta del decesso, ma anche se l’orario coincideva con il ritrovamento del corpo, da parte del ragazzo.

Inoltre Vianello chiamò un suo amico giornalista. I due erano stati colleghi in polizia circa vent’anni prima. Pietro Maria Belli poi, non si era mai capito esattamente, per quale motivo avesse deciso di lasciare la polizia. Così iniziò a scrivere per alcune testate giornalistiche. Belli era molto famoso in città. Scrisse l’articolo con le informazioni dell’amico commissario. Scrisse che era stata ritrovata morta una ragazza in circostanze misteriose ed era stato fermato un ragazzo, messo in stato fermo cautelare. In realtà però, la polizia stava indagando sul vicino di casa della vittima. Vianello chiese a Belli di scrivere tutte queste cose, perché sperava che il Puddu potesse uscire allo scoperto e commettere qualche errore. Infatti così accadde, perché il Puddu venne trovato durante la notte nel a rovistare a casa della Milia, ma il commissario era lì, seduto al buio sulla poltrona e, appena notò una persona estranea, accese la luce della lampada a fianco a lui e gli chiese: < Che cazzo ci fai qui? Che cosa stai cercando, disgraziato? >. A quel punto Francesco Puddu crollò:< Ho letto sul giornale che stavate indagando su di me, sono venuto a vedere se avevo lasciato delle tracce sospette. Io e Mirian eravamo amanti, quel giorno ero a casa sua per passare una notte di passione insieme, ma poi abbiamo litigato e spinto da un raptus di follia, ho preso un coltello da cucina e l’ho accoltellata. Quando Antonio è entrato, io ero nascosto nell’armadio aspettando che scappasse. Come è andato via, ho finito il lavoro. Sarebbe stato un delitto perfetto, avreste accusato lui. Ha trovato la ragazza, e l’ha toccata insanguinata, inoltre ho visto che gli era caduto l’orologio e che aveva lasciato altre prove. Ma poi ho letto che stavate indagando su di me e ho perso la testa>. Detto questo, Vianello chiamò i suoi agenti, anche loro acquattati in un’altra stanza e ordinò loro di portarlo via. Mentre lo stavano portando via, il commissario chiamò Puddu: < Certo che sei un coglione! L’articolo era finto. L’ho fatto scrivere per farti uscire allo scoperto ed infatti ci sei cascato in pieno. Idiota! >.

Vianello aveva il colpevole e fece scagionare immediatamente Antonio. Gli disse: < Ora avvisa prima i tuoi genitori, poi vai a divertirti dalla tua ragazza >. Così Antonio fece, andò a casa della sua fidanzata Irina e trascorsero un’intera notte senza tenebre.
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