(Adnkronos) – Più fertili mangiando bene. Seguire per almeno 3 mesi una dieta mediterranea biologica, povera di carboidrati e ricca di legumi, cereali integrali, verdure a foglia verde e altri ingredienti antiossidanti (spezie comprese), negli uomini raddoppia i livelli di testosterone e protegge il Dna degli spermatozoi. Nell’Italia delle culle vuote, lo dimostra per la prima volta uno studio guidato dall’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), pubblicato lo scorso novembre su ‘Current Research in Food Science’ e presentato all’ultimo Congresso nazionale della Società italiana di andrologia (Sia). L’infertilità, un problema in crescita che colpisce il 15-20% delle coppie a livello globale, si combatte anche a tavola. Le sue cause possono essere diverse, dallo stile di vita ai fattori ambientali, dallo stress a condizioni socio-economiche sfavorevoli – ricorda Alessandro Palmieri, presidente della Sia e professore di Urologia all’università Federico II di Napol – e la dieta è cruciale: “Pratiche dietetiche scorrette, sovrappeso e obesità – spiega – possono infatti causare squilibri ormonali e modificare direttamente la funzione e la composizione molecolare degli spermatozoi”. Inoltre “una dieta scorretta può accentuare gli effetti deleteri e pro-ossidanti dello stress e dell’inquinamento – aggiunge il presidente degli andrologi italiani – e causare la frammentazione del Dna negli spermatozoi, uno dei fattori alla base dell’infertilità maschile, che riduce notevolmente le probabilità di concepire naturalmente o attraverso procedure come l’inseminazione intrauterina e la fecondazione in vitro. Ridurre lo stress ossidativo è pertanto fondamentale per aumentare le possibilità di concepimento di una coppia”. Lo studio tricolore è il primo a quantificare l’effetto di una dieta antiossidante: “Ha verificato come la dieta mediterranea biologica possa contrastare l’effetto pro-ossidante degli inquinanti e avere benefici negli uomini con bassa fertilità, raddoppiando la secrezione di testosterone e riducendo del 47%”, quindi dimezzando, “la presenza di spermatozoi con Dna frammentato”. Ma ecco come si è svolto lo studio targato Cnr e cosa ha concluso. Da novembre 2020 a ottobre 2021 – illustra la Sia – gli autori hanno seguito 50 uomini dai 35 ai 45 anni, normopeso, non fumatori e che non facevano consumo abituale di alcolici, senza malattie croniche o varicocele, che avevano deciso di seguire una dieta pre-concezionale. A tutti è stato assegnato un regime dietetico con precise linee guida nutrizionali: consumo per l’80% di alimenti biologici; assunzione quotidiana di cereali integrali e di alimenti a basso indice glicemico; eliminazione o riduzione dei latticini; consumo quotidiano di alimenti fermentati come yogurt o kefir e di frutti rossi; assunzione giornaliera di verdure a foglia verde e di frutta a guscio; consumo frequente di legumi, verdure crucifere, pesce azzurro e uova; eliminazione delle carni lavorate, dei prodotti confezionati e consumo di frutta non superiore ai 300 g al giorno; uso frequente di spezie come zenzero, curcuma, coriandolo, rosmarino, basilico, aglio, cipolla e prezzemolo. A un sottogruppo di 20 partecipanti sono state date anche istruzioni aggiuntive, per ridurre l’assunzione di carboidrati al 35% dell’apporto calorico giornaliero. I 50 uomini hanno seguito la dieta per 3 mesi, prima di sottoporsi a un test del testosterone e a un test di frammentazione del Dna spermatico. “E’ stato osservato che i soggetti, a 3 mesi dall’inizio della dieta – riassume Veronica Corsetti, prima autrice dello studio, biologa nutrizionista, ricercatore del Cnr e presidente dell’associazione Fertilelife – hanno registrato un aumento del 116% dei livelli di testosterone, che è più che raddoppiato passando da 3,2 nanogrammi/millilitro a 6,92 ng/ml. Contemporaneamente, il gruppo di uomini che ha aderito a una dieta con una riduzione dell’apporto di carboidrati e un aumento di antiossidanti, attraverso il consumo giornaliero di frutti rossi e un minimo di 3 porzioni di verdure fresche al giorno, ha riportato una riduzione nella percentuale di spermatozoi con Dna frammentato, che è scesa al 23,2% rispetto al 44,2% iniziale”. “Con questo studio – commenta Corsetti – siamo riusciti a dimostrare per la prima volta che gli uomini che aderiscono alla dieta mediterranea e riducono l’assunzione di carboidrati sperimentano una minore frammentazione del Dna spermatico e un aumento dei livelli di testosterone. Il contributo maschile alla fertilità di una coppia è fondamentale e i risultati di questo studio sottolineano l’importanza della variazione della dieta e dell’inclusione di alimenti biologici per raggiungere questo obiettivo”. “E’ indubbio che la dieta mediterranea sia universalmente riconosciuta come benefica per il mantenimento della salute generale e per ridurre l’incidenza delle principali malattie croniche”, osserva Fabrizio Palumbo, dirigente medico presso l’Uoc di Urologia dell’ospedale Di Venere di Bari. “Questa dieta – descrive lo specialista – è caratterizzata da un elevato consumo di verdura, frutta, olio d’oliva, cereali, latticini e noci, con un apporto molto basso di carne rossa e un consumo moderato di pesce e vino. E’ caratterizzata da un grande consumo di fibre che hanno un impatto positivo sul microbiota intestinale, portando a un miglioramento complessivo dell’infertilità maschile. Inoltre, gli acidi grassi insaturi e gli acidi grassi monoinsaturi nei cibi che ne fanno parte sono in grado di ridurre lo stress ossidativo e il colesterolo, prevenendo la frammentazione del Dna spermatico, con una conseguente migliore qualità degli spermatozoi. Infine, i polifenoli contenuti nella dieta mediterranea esercitano effetti antiossidanti che hanno proprietà antinfiammatorie e che prevengono l’agglutinazione spermatica che avviene quando gli spermatozoi aderiscono tra di loro formando dei veri e propri cumuli che ne impediscono il movimento”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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