
Una folla composta e determinata ha attraversato ieri i luoghi simbolici di Olbia, dalla zona industriale di Cala Saccaia fino al pozzo sacro di Sa Testa, per dire “no” alla devastazione del territorio e alla speculazione energetica. La marcia, organizzata dal Coordinamento Gallura Pratobello, rappresenta una risposta forte e pacifica all’arrivo di imponenti pale eoliche nel porto industriale, destinate a un sito non ancora ufficialmente dichiarato nel nord Sardegna.
Secondo quanto denunciato dal Coordinamento, le operazioni si stanno svolgendo “senza trasparenza, senza coinvolgimento della popolazione”, alimentando un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni e dei processi decisionali che potrebbero avere un impatto irreversibile sul territorio.
Durante l’evento, diversi interventi hanno evidenziato le criticità legate ai piani di sviluppo energetico e infrastrutturale dell’isola. Tra questi, il progetto Nurax, che prevede la costruzione di un elettrodotto e di una grande sottostazione elettrica in Gallura. Come spiegato da uno dei relatori, il progetto toccherà aree di grande valore archeologico e ambientale, come gli stagni di Pittulongu e la zona di Cabu Abbas, passerà atttraverso una gigantesca centrale elettrica in C.so Vittorio Veneto alta e si estenderà fino a Codrongianos e oltre, senza però una chiara destinazione finale dell’energia prodotta. Un altro punto di forte contestazione riguarda le 450 torri eoliche offshore, alcune alte fino a 332 metri, previste a pochi chilometri da Tavolara, lungo la costa nord-orientale, da La Maddalena a Siniscola.
“Saranno visibili dai nostri paesaggi mozzafiato e dalle spiagge, ma nessuno ce lo dice e nessuno si oppone, tranne noi”, ha denunciato un partecipante. Questi interventi, pur mascherati da progetti “green”, vengono percepiti come un attacco diretto alla bellezza naturale e culturale della Sardegna. “Quando dicono ‘Green Day’, sembra che stiano parlando di sostenibilità, ma alla fine si tratta solo di un ‘Green dei soldi’. Sembra che il vero obiettivo sia fare profitto, non salvare il pianeta!”
Tra i momenti più intensi della giornata, l’intervento di Bustianu Cumpostu, figura storica del movimento indipendentista sardo, che ha parlato rigorosamente in “limba”. Rivolgendosi ai partecipanti, ha dichiarato: “Provo tanta emozione a vedere tutti voi, il popolo libero della Sardegna. Siamo qui, in questo luogo magico e simbolico, a reclamare il diritto di decidere del destino della nostra terra. Non possiamo lasciare che altri scelgano per noi: basi militari, discariche, fumi tossici, scorie radioattive… Vogliono distruggere i nostri paesaggi. Tocca a noi difendere la Sardegna. Nessun altro lo farà. Ognuno può fare la sua parte”. Il suo appello ha trovato eco tra i partecipanti, che hanno sottolineato la necessità non perdere la speranza e di continuare a lottare per il futuro dell’isola, anche attraverso piccoli gesti quotidiani.
Diversi relatori hanno evidenziato come questa battaglia non riguardi solo l’ambiente, ma anche la democrazia e la partecipazione popolare. La nuova raccolta firme per una legge di iniziativa popolare inerente la modifica della legge elettorale è stata definita “l’espressione più nobile e virtuosa della democrazia diretta”. Tuttavia, la sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni è palpabile.
La marcia si è conclusa attorno al pozzo sacro di Sa Testa, un luogo carico di significato storico e simbolico, dove i partecipanti hanno rinnovato il loro impegno per la tutela dell’isola. La Sardegna, con le sue bellezze naturali e la sua cultura millenaria, rischia di essere trasformata in un immenso cantiere a cielo aperto. Come hanno sottolineato molti degli intervenuti, il futuro dell’isola dipende da tre settori fondamentali: turismo, agricoltura e allevamento, che rappresentano le chiavi per uno sviluppo sostenibile e rispettoso. “Non possiamo permettere che tutto questo venga distrutto – ha detto un cittadino –. Quando la Sardegna perderà la sua bellezza, non avremo più di che vivere”.
La lotta contro la devastazione ambientale e la speculazione energetica è, quindi, una battaglia non solo per il presente, ma per le generazioni future. La Sardegna, terra di storia, cultura e paesaggi unici, merita di essere difesa con ogni mezzo pacifico possibile.
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