(Adnkronos) – Sarà riesumata la salma di Francesco Vinci, sospettato nel 1982 di essere il ‘mostro di Firenze’, ma scagionato dai successivi delitti avvenuti mentre era detenuto in carcere. Vinci fu trovato morto nell’estate del 1993 in circostanze misteriose. Lo ha reso noto l’agenzia investigativa Falco di Lucca, a cui si è rivolta la moglie di Francesco Vinci, Vitalia Melis, con l’obiettivo di “fugare ogni dubbio e trovare pace nella sua vita non facile”. Quando Francesco Vinci fu rimesso in libertà, espatriò in Francia, pur tornando in Italia di frequente, specie a trovare vecchi amici. E trovò una morte atroce, proprio insieme a uno di questi amici, Angelo Vargiu, entrambi bruciati dentro l’auto del Vinci, che aveva subito, così rivelò l’autopsia, atroci torture, addirittura amputazioni. I loro corpi carbonizzati furono trovati nella frazione Garetto di Chianni vicino a Pontedera (Pisa) nel bagagliaio di una Volvo 240 il 7 agosto del 1993. Quella morte non ha mai convinto la moglie di Vinci, Vitalia Melis, che lo aveva difeso sempre, anche in tutti i casi di furti o omicidio in cui era stato coinvolto; anche dalle accuse riguardanti il ‘mostro’. Molti, alla macabra fine di Francesco, andarono con la mente alla vicenda di suo fratello Salvatore Vinci, anche lui indagato nel 1985 per gli omicidi del ‘mostro di Firenze’ e anche lui, come Francesco, amante della prima vittima femminile della serie di delitti, Barbara Locci. Il fratello avrebbe fatto credere a tutti di essere deceduto per un male incurabile al fegato, ma secondo il detective dell’agenzia Falco Davide Cannella, vivrebbe ancora sotto falso nome in un paesino della Spagna. Proprio all’agenzia Falco di Lucca di Davide Cannella si è rivolta la moglie di Francesco Vinci. Cannella che dirige la Falco assieme ai figli Matteo e Luca, ha chiesto e ottenuto la riesumazione del corpo di Vinci “per vederci chiaro, anche sulle tante incongruenze presenti nella autopsia di 31 anni fa – ha spiegato -. Anche a partire dal fatto che il Vinci, quando da giovane viveva a Villacidro, ebbe un diverbio con un coetaneo che gli sparò con una pistola al petto. Ma non fu possibile estrarre la pallottola e per tutta la vita dovette portarla nel torace, ma incredibilmente non fu trovata nell’esame necroscopico”. Dalla estrazione e comparazione del Dna, fa sapere l’investigatore privato, “si potrà fugare ogni dubbio almeno sulla fine di Francesco Vinci. Ma da queste risposte ne verranno molte altre, proprio sul cosiddetto ‘mostro di Firenze'”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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